AIDS: un “aiuto” potrebbe arrivare dal COVID-19

AIDS: cenni storici

 

Il 5 giugno 1981, il CDC di Atlanta individuò un focolaio di polmonite opportunistica da Pneumocystis carinii, conseguenza di un’immunodepressione, in 5 uomini omosessuali di Los Angeles. La malattia, in seguito denominata Acquired Immune Deficiency Syndrome (AIDS), venne inizialmente considerata come prerogativa di uomini omosessuali o eroinomani, a causa dell’alta prevalenza in tali soggetti. Successivamente, tale convinzione venne meno. Molto probabilmente l’AIDS esisteva già negli Stati Uniti molti anni prima, ma non fu inizialmente diagnosticata. L’ipotesi più plausibile circa la sua origine, prevede il passaggio inter-specie del virus dallo scimpanzé all’uomo; ciò molto probabilmente avvenne in Congo qualche decennio in anticipo rispetto alla prima diagnosi.

La malattia

 

L’AIDS è causata dal virus HIV (Human Immunodeficiency Virus). La trasmissione avviene mediante il passaggio del virus da un soggetto malato ad un soggetto sano. Questo può avvenire mediante la trasfusione di sangue infetto all’interno del circolo ematico di un soggetto sano (trasfusioni di sangue, utilizzo di aghi infetti), un rapporto sessuale non protetto, il passaggio da madre infetta a feto. L’infezione è inizialmente asintomatica o caratterizzata da sintomi simil-influenzali: in questo stadio il virus è in fase di rapida replicazione. Dopo qualche settimana, gli eventuali sintomi scompaiono e la persona apparentemente guarisce; in realtà, in questa fase il virus è a bassa replicazione grazie alla risposta immunitaria dell’ospite (fase di latenza). A questa segue la fase sintomatica, anche anni dopo la prima infezione. L’individuo va incontro a ricorrenti infezioni opportunistiche (da parte di microrganismi raramente patogeni per l’uomo), oltre al possibile sviluppo di tumori. Infatti, la malattia è caratterizzata dalla progressiva distruzione di linfociti CD4+ (linfociti T-helper), con conseguente progressiva immunodepressione; ne approfittano microrganismi e tumori. La morte del soggetto di solito avviene per infezione opportunistica o per tumore, anche se le attuali terapie hanno di molto migliorato la prognosi dei pazienti.

 

La ricerca sulla vaccinazione per l’AIDS

 

La pandemia da COVID-19 che da un anno e mezzo causa vittime e crisi economica globale, ha dato una notevole spinta nella ricerca sui vaccini. In particolare, la ricerca sui vaccini a m-RNA (RNA messaggero), ha subito un balzo in avanti. Fino ad ora, infatti, il vaccino contro l’HIV era un miraggio. Questo a causa della capacità dell’HIV di mutare in continuazione, vanificando di fatto ogni tentativo di sviluppo di un vaccino efficace. Il vaccino ad m-RNA, è molto promettente e uno studio in collaborazione tra Moderna, l’International AIDS Vaccine Initiative e la Bill and Melinda Gates Foundation, entrerà presto nella fase clinica I in un gruppo di soggetti candidati con specifiche caratteristiche. I tempi non saranno brevi, tuttavia la speranza è molta: il vaccino infatti permetterebbe di prevenire una delle più importanti e drammatiche malattie sessualmente trasmesse. Come talvolta accade in medicina, la ricerca in un campo permette di trainare la ricerca in altri campi: così può accadere che il COVID-19 indirettamente “aiuti” i malati di AIDS.

 

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Fonte: A Phase 1 Study to Evaluate the Safety and Immunogenicity of eOD-GT8 60mer mRNA Vaccine (mRNA-1644) and Core-g28v2 60mer mRNA Vaccine (mRNA-1644v2-Core) – Full Text View – ClinicalTrials.gov

 

Gioele D Amore

Medico-Chirurgo specialista in medicina del lavoro.
Iscritto all’elenco nazionale dei Medici Competenti.

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