Arresto cardiaco: l’importanza della defibrillazione precoce

Arresto cardiaco: epidemiologia

Ogni anno, nel mondo, 4-5 milioni di persone vanno in contro ad arresto cardiaco, spesso senza una causa nota di cardiopatia e senza che vi siano sintomi premonitori (morte improvvisa). Nel 70% dei casi, alla base vi è la cardiopatia ischemica (angina pectoris e infarto miocardico fanno parte della stessa famiglia di patologie). Alla base della cardiopatia ischemica, vi è un danno cronico alle coronarie causato da fattori di rischio quali ipertensione arteriosa, diabete mellito, dislipidemie, fumo di sigaretta, obesità, sedentarietà. L’età media di insorgenza dell’arresto cardiaco è 65-70 anni ed è più frequente nel sesso maschile. Ciò non significa che anche i giovani non possano essere coinvolti: basti pensare ai casi di cronaca di morte improvvisa degli sportivi. Cardiopatia ipertrofica, cardiopatia dilatativa, miocarditi, Sindrome di Brugada, sono alcuni esempi di cause di arresto cardiaco nei giovani.  Purtroppo, spesso, la causa è misconosciuta e di conseguenza l’arresto cardiaco rappresenta la prima manifestazione di una patologia che il soggetto non sapeva di avere. Meno del 10% di casi di arresto cardiaco extraospedaliero sopravvive. La sopravvivenza sale fino anche al 90% nel caso di arresto cardiaco in impianti sportivi.

 

Il fattore tempo

La differenza drastica di sopravvivenza vista poc’anzi è dovuta alla precocità di intervento, molto maggiore negli impianti sportivi, dotati spesso di personale informato e di defibrillatore. Infatti, la sopravvivenza è nettamente maggiore laddove vi è “testimonianza” di arresto cardiaco e di conseguenza si interviene precocemente. Si hanno pochissimi minuti per intervenire, pena calo drastico dell’efficacia della rianimazione. Nel primo minuto dopo l’arresto cardiaco, la sopravvivenza è prossima al 100% se si interviene con la defibrillazione. La sopravvivenza cala circa del 10% ogni minuti che passa. Arrivati a 8-10 minuti, praticamente la sopravvivenza è prossima allo zero.

 

I ritmi defibrillabili e non defibrillabili

L’arresto cardiaco è dovuto ad alterazioni dell’attività elettrica del cuore, definite aritmie. Queste possono essere distinte in ritmi defibrillabili e non defibrillabili. I ritmi defibrillabili possono essere convertiti in ritmo normale da un defibrillatore che, mediante la scarica elettrica esterna, interrompe la corrente caotica che si è venuta a creare nel sistema di conduzione cardiaco. I ritmi non defibrillabili, invece, non possono essere trattati con un defibrillatore. Quasi sempre, all’inizio dell’arresto cardiaco, il ritmo è defibrillabile e la sopravvivenza migliora nettamente. Col passare dei minuti, il ritmo defibrillabile evolve in ritmo non defibrillabile, con un calo drastico della sopravvivenza.

 

Il sistema di emergenza nell’arresto cardiaco

Immaginiamo cosa accade subito dopo che un soggetto vada incontro ad arresto cardiaco e, di conseguenza, perde conoscenza. In un caso fortunato, qualcuno si accorgerà dell’accaduto (testimone) e chiamerà la Centrale Operativa del 112 (o 118 ancora per poco), magari praticando le manovre di rianimazione. La Centrale Operativa contatterà la più vicina ambulanza. Quest’ultima dovrà raggiungere l’infortunato e applicare gli elettrodi del defibrillatore. Quanto tempo sarà passato nel frattempo? Sicuramente più dei 10 minuti che garantiscono la sopravvivenza. Questo esempio è utile per capire il motivo per cui meno del 10% dei casi di arresto cardiaco riesce a sopravvivere.

 

Strategie organizzative per migliorare la sopravvivenza

Nel 2022, l’ ILCOR (International Liaison Committee on Resuscitation), organo da cui derivano le linee guida sulla rianimazione cardio-circolatoria, ha fortemente raccomandato l’accesso del personale “laico” (viene definito così il personale non sanitario), alla defibrillazione. L’articolo 3 della Legge n°116 del 4 agosto 2021, ha finalmente aperto l’accesso al defibrillatore a tutti, anche a coloro che non hanno una formazione specifica, in virtù dello stato di necessità. Questa rappresenta una rivoluzione del sistema di emergenza, perchè è un dato di fatto che i primi a testimoniare un arresto cardiaco siano quasi sempre i laici, gli unici a poter intervenire entro i fatidici 10 minuti. E’ altrettanto importante la diffusione capillare dei defibrillatori nel territorio. Non bisogna avere timore ad utilizzare un defibrillatore, in quanto i defibrillatori che troviamo nei luoghi pubblici, sono molto intuitivi e semplici da usare. Spesso sono automatici e non necessitano neanche che si prema il pulsante di scarica. La scarica, inoltre, avviene esclusivamente se vi è un arresto cardiaco e non con cuore normalmente funzionante: nessun defibrillatore farà scaricare in quest’ultimo caso. Con l’aggiornamento della normativa in materia di conseguenze penali sui danni arrecati dall’uso di un defibrillatore, nessuno è punibile se lo utilizza per causa di forza maggiore. Non serve una formazione specifica neanche per capire che effettivamente ci si trovi di fronte ad un arresto cardiaco, perchè basta trovarsi di fronte ad una persona priva di coscienza (svenuta, che non risponde alla chiamata) a giustificare l’applicazione di un defibrillatore.

 

Futuro prossimo nella gestione dell’arresto cardiaco

Già realtà in alcuni Paesi nel mondo e in un progetto pilota di Piacenza (Progetto Vita di Piacenza), le strategie di gestione precoce dell’arresto cardiaco sono fondamentalmente tre: fornitura del defibrillatore a tutte le forza dell’ordine, che saranno coordinate con il personale medico. Sistema dei testimoni, con capillarizzazione dei defibrillatori nel territorio, utilizzabili dai testimoni di arresto cardiaco. Rete di soccorritori occasionali, costituita da volontari laici, che vengano allertati dalla Centrale Operativa (magari mediante un app). Immaginiamo cosa accadrà se e quando un tale sistema organizzativo andrà a regime: subito dopo un arresto cardiaco testimoniato, verrà allertata la Centrale Operativa la quale, oltre ad inviare la più vicina ambulanza, contatterà, magari mediante una geolocalizzazione, le forze dell’ordine più vicine e i più vicini volontari laici. Nel caso più fortunato, lo stesso testimone potrebbe utilizzare il più vicino defibrillatore. In entrambi i casi, i tempi di soccorso si ridurranno drammaticamente. Nel 2021, CellAED®  ha ottenuto il marchio CE ed è in attesa della sua diffusione in Italia. Si tratta del più piccolo defibrillatore automatico esistente al mondo, monouso e grande poco più di uno smartphone. Facile da utilizzare, permetterà in futuro a chiunque di possedere un defibrillatore, a prezzi modici (attualmente, senza incentivi statali, il prezzo resta quello di mercato di qualche centinaio di dollari), anche per uso personale. Questo rappresenta un esempio paradigmatico di futuro nella gestione dell’arresto cardiaco extraospedaliero. Solo la diffusione capillare dei defibrillatori, associata ad un altrettanto capillare diffusione di soccorritori anche laici, magari attivabili mediante un’app e mediante la geolocalizzazione, si riuscirà a ottenere tassi di sopravvivenza decisamente maggiori di quelli attuali.

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Fonte: Progetto Vita – Associazione Progetto Vita Piacenza – L’associazione nasce per la lotta contro la morte improvvisa, coinvolgendo associazioni di volontariato, enti pubblici e privati. (progetto-vita.eu)

Leggi anche: Pillole di primo soccorso: gestire un’emergenza – My Care Pescara

                         Defibrillatore nei luoghi di lavoro e non – My Care Pescara

 

 

Gioele D Amore

Medico-Chirurgo specialista in medicina del lavoro.
Iscritto all’elenco nazionale dei Medici Competenti.